Tana libera tutti
In giorni come questi è facile cadere in uno stato di malinconia. Novembre è stato per me, da sempre, il mese della transizione. Il passaggio da un ottobre ancora carico di frutti e giornate di sole, all’ultimo mese dell’anno che porta doni e presenze, fino a gettare via con la sua fine tutto quello che non ti è piaciuto, tutto quello che non ami più. Un mese che inizia con la commemorazione di un’assenza, che all’inizio è strettamente personale. E se da giovane rappresentava la lontananza di un dolore, perchè lo zio scomparso, il nonno, la nonna vivono in un’altra parte della tua geografia fisica e affettiva, crescendo, diventando adulti e sopratutto andando a vivere in piccoli centri, dove l’appartenenza non è più strettamente quella familiare, ma quella allargata alla comunità nella quale hai scelto di vivere, la mancanza dovuta alla perdita di una persona cara inizia a stringere il cuore. E ti manca già di quella persona non solo il corpo, ma la pronuncia del nome, dei tanti nomi che non ritroverai più nella girandola dei nomi nuovi scelti dai genitori del terzo millennio o dei nomi sconosciuti appartenenti ai tanti volti che si affacciano ogni giorno dai paesi di tutto il mondo. Ti mancano le movenze, il modo di stringere la mano, le abitudini, i modi di dire. Così ti senti acciuffare per i capelli, ogni volta che un volto scompare alla tua vista, e ti senti scaraventata con tutta la passione possibile nel mondo infantile che porti sempre dentro, fatto di odori, di sapori, di certezze. Non che fossero tutte giuste, anzi. Di un mondo maschile e patriarcale non puoi sentirne la mancanza. Tuttavia sei consapevole che la finestra spalancata sul passato di una generazione, quella dei nostri genitori porta con sè nella sua chiusura ermetica, la cancellazione del nostro stesso passato. Così tornando a vivere a Torino dopo tutti questi anni, la domanda che mia madre mi rivolge spesso mentre passeggiamo in quartiere, “sai chi è morto?” non riporta alla mente volti o sguardi, ma la consapevolezza di uno svuotamento di luoghi che restano nella mia memoria e nella sua ancora vivi. E mentre pronuncia il cognome di una persona a me sconosciuta, so che lei sta ripescando un pezzo della sua storia, di quando poco più che trentenne veniva a vivere in questo quartiere. Un pezzo di un puzzle che da qualche parte si sta ricomponendo, per chi ci crede, per chi lo desidera ardentemente. Sarà il cambio dell’ora che accorcia le giornate, l’arrivo del freddo che inizia a pizzicare il corpo, le mille e mille foglie che abbandonano i rami, Natale con i suoi colori e le sue luci ancora lontano, sarà colpa di tutto questo ma ogni giorno di più l’assenza diventa presenza. Così vorresti correre fino a perdere il fiato, senza voltarti indietro, senza esitazioni o paure e toccando l’albero del giardino gridare a squarciagola: Tana libera tutti.
Grazie Rosa, che tuffo nel passato… a Pisa si diceva piomba libera tutti.. una frase che racchiude la sensazione di libertà e spensieratezza che l’infanzia ti regala, fatta di leggerezza e corse a perdifiato!
Non passa un giorno in cui non pensi alla mia mamma, il vuoto che lascia la perdita di un genitore è totale, definitivo. Credo che esista un prima e un dopo…
Ma anche se novembre si cosparge di malinconia io non riesco a non amarlo perché ci sono nata! Ho scelto i suoi meravigliosi colori anche per sposarmi … “Autunno nel cuore”.
Un abbraccio Rosa, grazie per le tue scritture.
Il cuore sembra scoppiare ogni volta che penso ai miei genitori. Non ci sono più, qualche volta li invoco per un aiuto… Ma quando li penso perché un odore, un ricordo “mi occupano”, lo struggimento è sempre più intenso col passare degli anni. Il mio passare del tempo(… Invecchiamento…) me li avvicina. Grazie dei pensieri che ci regali
Grazie Laura. Le tue parole amplificano l’emozione che mi ha mosso nello scrivere questo articolo in questo giorno particolare dove spesso i ricordi prendono il sopravvento.