Sotto la cenere

6 Gennaio 2022 3 Di Rosa Iannuzzi

Ogni anno a Capodanno gli amici preparano un pupazzo di legno e cartone, vestito di tutto punto e puntualmente bruciato allo scoccare della mezzanotte. A volte viene chiamata la vecchia, altre volte ha sembianze maschili, sopratutto nelle parti maggiormente oggetto di scherno. Si brucia l’anno vecchio, si brinda all’anno nuovo e si osservano le fiamme avvolgere l’intera figura che piano piano diventa brace e poi cenere. Così non possono mancare le riflessioni. Riflessioni che per me in realtà iniziano qualche giorno prima in occasione del mio compleanno e che quest’anno sono state piuttosto particolari, data l’età raggiunta. Per esorcizzare in qualche modo l’evento, una settimana prima ho iniziato ad elencare sul mio stato di whatsapp una serie di parole da tenere e altre da gettare via, seguendo l’ordine alfabetico. Così dalla A di Altrove fino alla Z di Zattera ho tenuto per me tutte quelle parole che hanno significato molto in questi primi sessant’anni di vita e dalla A di Altrimenti alla Z di Zitta ho deciso quali parole dovessero restare per strada, gettate via come si getta qualcosa che non ci appartiene più, cadute come foglie che non appartengono più alla pianta che le ha generate. Così dal momento che iniziamo un anno che non sappiamo bene cosa ci porterà, o meglio nel quale non siamo certi di cosa riusciremo a mettere in atto dei nostri progetti e desideri, ho deciso di condividere qui sul mio blog queste parole che accompagnano ancora il mio tempo.

A

Altrove: tengo per me la A di Altrove perchè è l’avverbio che più mi definisce. Sono sempre stata qui e altrove e questo mi ha salvata. Infatti è il titolo della mia raccolta di poesie.

Abbandono la A di Altrimenti. Un altro avverbio che è fuori dalla mia logica. Le cose sono o non sono, le scelte si fanno o non si fanno. Altrimenti ci sospende dalla responsabilità delle nostre scelte

B

Bacio. Porto con me il profumo, la passione, il desiderio, la felicità che il bacio custodisce in sè. La percezione del segreto e del disvelamento.

Bellezza. Odio l’abuso di questa parola, il senso devastato dai media, la sovrapposizione del termine bellezza con i canoni della perfezione che, soprattutto per le donne, si è trasformato in un giocattolo infernale manovrato da uomini sempre più stolti.

C

Calore, di un abbraccio, di un’amicizia, dell’amore, di una casa, di un affetto ritrovato, di un luogo che porti sempre con te.

Consumismo. Acquistare compulsivamente, riempirsi di cose inutili senza riflettere su tutto quello che si muove intorno, soprattutto in termini di sfruttamento. Per fortuna questa parola non mi è mai appartenuta.

D

Dire. Dire quello che si pensa. Me l’ha insegnato mio padre. Non dimenticando che dietro il diritto di parola si nasconde in taluni casi il dovere di tacere.

Distanziamento sociale. Lo eravamo anche prima, distanti. Solo che non ce ne accorgevamo. E lo siamo ogni giorno di più, soprattutto come esseri umani

E

Energia. Voglio recuperare la mia energia dando respiro ai momenti, alle situazioni, ai pensieri che possano alimentarla.

Egocentrico. Vampirismo emotivo, incapacità ad emozionarsi e a donare, ecco quali sono i tratti distintivi degli egocentrici. Per fortuna ne ho incontrati pochi in vita mia, e quei pochi li ho già abbandonati.

F

Fiducia. Prima di tutto in me, nonostante il bombardamento di sensi di colpa, inadeguatezza, che arriva continuamente dall’esterno. Per fortuna la ritrovo sempre. E fiducia negli altri

Frustrazione. Odio le situazioni che mi fanno sentire frustrata e cercherò di abbandonarle, tutte.

G

Gratitudine. Quella che provo nei confronti di chi non si nasconde, di chi non ha paura di coinvolgersi, che sia amica/o, amante, sorella, figlio.

Gelo. Non amo il freddo, il ghiaccio che blocca pensieri e azioni. Non amo il gelo che c’è dentro uno sguardo, celato nell’assenza, dichiarato nella presenza.

H

Hit Parade. Quella che ascoltavo tutte le settimane alla radio. In trepidante attesa

Herpes. Il fiore della mia sofferenza, che sbocciava sempre di questi tempi negli anni della mia gioventù… tutte le volte che il mio corpo batteva tempo.

I

Incanto. Stupirsi ancora di un tramonto, del volo improvviso di uno stormo di uccelli, del chiarore della luna. Di una telefonata inaspettata, di essere ancora io, nonostante tutto.

Inadeguatezza. Al diavolo i sermoni, i consigli e le filosofie di vita. Al diavolo le certezze e le risposte.

L

Liberazione. Un processo, un movimento, un cammino che non può fermarsi mai. E tutte le volte che ci siamo illuse di essere arrivate da qualche parte, abbiamo rimesso lo zaino in spalle e siamo ripartite.

Lavoro. Davvero ci nobilita? Oppure ci massacra, ci spreme, ci agguanta alla gola senza mollare mai la presa. E la vita, la nostra, dov’è?

M

Mare. Mare, mare, mare. Mare madre, mare vita, mare respiro del mondo. Il mare che mi riconcilia con la mia complessità e mi accoglie, si prende cura di me. Il mare che non mi abbandona mai.

Muro. Il muro che chiude, delimita, allontana, tiene fuori come se il dentro fosse importante. Il muro che respinge, portando il segno intangibile del confine.

N

Noi. Io, tu, noi. Loro, quelli, questi, noi. Gli invasori e gli indigeni, noi. I nemici e gli amici, noi. Quelli del paese e quelli della città, noi. Quelli che credono di aver ragione e quelli che non ce l’hanno una ragione. Noi

Niente. Vuota impotenza muta.

O

Oltre. Andare oltre le apparenze, le incomprensioni. Vedere oltre i muri, oltre gli orizzonti, oltre le porte chiuse. Andare oltre, sempre.

Oblio. Dimenticare i luoghi, come sono stati e come sono diventati. Dimenticare gli affetti, gli abbracci, i sogni.

P

Passione. Senza non saprei vivere. Senza non sarebbe vita.

Patetica. Odio sentirmi patetica, sentire l’eco dei miei lamenti perforare l’anima. In questi casi preferisco isolarmi dal mondo.

Q

Qui. L’altrove mi salva, ma il qui mi definisce. Sul qui si fonda la mia esperienza, perchè mentre penso all’altrove costruisco piccole dimore dove trascorrere del buon tempo insieme, qui.

Quoziente di intelligenza. Avremmo dovuto diventare migliori, ma il livello di comprensione è arrivato in cantina.

R

R/esistenza. La forza che non pensavo di avere, la voglia di ricominciare ogni volta come se fosse la prima volta, magari con un passo lento che mi riconcili con questo strano modo di intendere la vita.

Rabbia. Quella che stravolge i miei piani e sale ancora dalla pancia fino ad offuscare il pensiero. Divorando in un attimo i miei buoni propositi.

S

Sorriso. Perchè sei bella quando sorridi, mi hanno sempre detto. Le fossette da bambina, la risata adolescenziale e ancora adesso quando accade, una boccata d’ossigeno.

Superficialità. Non comprendere, anzi non provarci nemmeno. Restare sempre sulla lastra dei pensieri. Codardi equilibristi, io vi detesto.

T

Treno. Il viaggio. l’esplorazione, l’allontanamento, il ritrovamento.

Tanto. Tanto vale, tanto non serve a niente, tanto tu non cambi, tanto… Ripicche di un amore che diventa ogni giorno di più l’ombra di se stesso. E irrimediabilmente muore.

U

Urlo. Quello che in alcuni momenti desidero fare, sulla cima di una montagna, in un sentiero abbandonato, di fronte al mare.

Untore. Altro lascito odioso della pandemia. Appiccicato addosso alle persone, prime avvisaglie di una follia collettiva.

V

Viso. Mi mancano i tratti del viso, i profili del naso, le guance da accarezzare, la labbra da scrutare, ora piegate in una smorfia e in un attimo allargate in un sorriso.

Verità. La mia, la tua, la nostra, la loro.

Z

Zattera. A teatro un esercizio che ci aiuta a considerare lo spazio delimitato nel quale muoverci insieme agli altri, in un equilibrio precario, mobile ma salvifico.

Zitta. Stai zitta, l’insulto peggiore che si possa fare ad una donna. Forse per questo le poche volte che me l’hanno imposto, ho sempre disobbedito. Con grande piacere.

E le vostre, quali sono le vostre?