Le case umbre
La casa è un luogo fisico ma è anche, e sopratutto, il luogo per eccellenza. Quello dove siamo nate e cresciute assorbendo, nel bene e nel male, modelli educativi, sapori, emozioni, stringendo mani, braccia, corpi, scappando come se fosse un luogo da dimenticare o ritornando come il luogo di cura elettivo. Io ho avuto la fortuna di vivere in molte case e in ognuna di esse ho lasciato un pezzo della mia vita. Ciascuna delle case nelle quali ho abitato fanno parte di me e un pezzo di me è rimasto lì, tra le mura, nascosto dietro le porte, accovacciato dentro gli angoli . Tornerò sulle case dell’infanzia, dell’adolescenza e della giovane età adulta, ma ora vorrei parlare delle case umbre, quelle che hanno visto la mia vita cambiare giorno dopo giorno. La casa del Palazzolo è stata la mia prima casa, poi a seguire la casa dell’Artemia e di Rocco, la casa dei Galeotti e per finire la casa di Elido. Di nuovo i nomi che tornano a definire il luogo prima dell’indirizzo e del numero civico. Il nome che identifica la casa, che mi ha collocato rispetto alla comunità in quell’esatto luogo senza dover specificare altro. “Ma dove sei di casa? Dai Galeotti sullo Stradone o da Elido a San Donato”. Ho imparato vivendo in un paese che i nomi delle persone sono importanti (qualcosa dell’infanzia a tratti me lo ricordava nei viaggi estivi alle terre natie dei miei genitori – di chi sì figlio? di chi sì? – ) e che è importante prendersi cura della casa che ti viene affidata perchè quella casa ti resterà cucita addosso per sempre. Perchè al Palazzolo è nato il mio primogenito e in quel cortile ha mangiato le sue prime pappe, perchè nel cortile della casa di Rocco mentre salivo e scendevo le scale con il pancione del mio secondo, il primo esplorava il mondo con il suo bruco. Perchè nella casa della Pineta i miei figli hanno giocato fino allo sfinimento e molti bambini del paese si sono ritrovati con loro per giocare insieme, arrampicandosi su alberi da frutto che purtroppo non ci sono più, indossando mantelli – ora rossi ora neri – sguainando spade, imbracciando fucili di legno, preparando zainetti da esploratori. E sbirciando il loro modo di organizzarsi, le regole date, i compiti assolti, i fugaci contrasti ho partecipato in prima fila alla loro crescita. Per ritrovarli alla fine della giornata sdraiati nel folto dell’erba, immersi nell’azzurro del cielo, ebbri di tanta libertà. Che fortuna vivere in tutto quello spazio. E poi nell’ultima casa attraversare l’adolescenza dei miei figli cambiando regole e modalità. La mia ultima casa umbra, con il camino sempre acceso, con le voci mutanti – quelle dei ragazzi che diventavano sempre più grandi e quelle di noi adulti che diventavano sempre più distanti – con i fuochi d’artificio, con il primo Natale senza mio padre, con il tavolino per il pingpong e il canestro per giocare a basket. Con il vicinato fuori a veglia d’estate, e il forno condominiale. Sento ancora le risate dei ragazzi mentre scivolano con gli skate giù per la stradina e il malumore sull’orario da rispettare al rientro nelle sere d’estate. La mia ultima casa umbra, la mia ultima “casa nostra” che entra a pieno titolo nel mio libro “Tutti i giorni della nostra vita”.
E poi le case collettive.
La Casa del Popolo di Moiano dove ho trascorso molto tempo cercando di tenere insieme la mia voglia di fare e il desiderio di altre persone di collaborare, zigzagando in mezzo a riunioni associative e qualche piccola perplessità, subito fugata dal buon esito delle tante esperienze vissute in quel luogo che un pò sento anche mio.
La casa di Ideando – un’associazione di Castiglione del Lago – che all’inizio una vera casa non ce l’aveva, ma che è stata la casa dei sogni, dei progetti, delle idee.
E la casa della mia carissima amica Cristina che continua ad ospitarmi quando il cuore comincia a percepire l’assenza e ha bisogno di ritrovare il suo ritmo.
Verissimo Rosa, la Casa è un elemento fondamentale della nostra vita, pensa che io ancora oggi quando sogno, mi ritrovo sempre nella casa dove ho vissuto da Piccola anche se è quella dove ho trascorso meno anni, Poi mi viene in mente un altra cosa leggendo il tuo racconto, alle Piazze, paese Toscano, ma ha noi vicino., le località di campagna soprattutto ancora oggi vengono identificate con il nome della famiglia che le aveva abitate, Casa Piero, Casa Chianella ecc,, spero di non aver fatto troppi errori sono senza occhiali, baci, baci.