A piccoli passi
Come un bambino che si avventura nel vuoto, compiendo i suoi primi passi, incerto tra il sorriso e la paura, con lo sguardo che si sposta continuamente tra il pavimento e il nostro viso poco lontano, arrivi tu che cerchi il mio braccio. In realtà tu stai disimparando, perchè sapevi bene come muoverti e andare. A fare la spesa tutti i santi giorni, ad accompagnarci e a venirci a prendere a scuola, ad andare alla posta a pagare le bollette, ad accompagnare tuo marito all’orto o alla piccola casetta in campagna, subito fuori città. Hai corso per tutta la vita. E ora, mentre ti aspetto davanti al portone di quella che in passato è stata anche casa mia, ora cerchi il mio braccio. Mi indichi il percorso che ti sembra più facile, che conosci a memoria, tra le panchine e la fontana, e racconti, come una litania, dei tuoi vicini di casa, di Cristina che tutti i giorni viene a fare le pulizie e che si appassiona alle tue ricette. Mi chiedi di andare a prendere il ginseng da Lucia, perchè soltanto lì ti senti a casa e perchè mai dovresti cambiare bar?. Qui venivi con le tue amiche quando stavi ancora bene e qui rivendicavi con papà il tuo piccolo gesto quotidiano di autonomia. Un fazzoletto di libertà che profumava di caffè. “Da quanti anni ci conosciamo Lucia?” le chiedi tutte le volte, come se fosse la prima volta, e lei pazientemente ti risponde, come se ascoltasse questa domanda per la prima volta. “Eh da una vita Antonietta”. Così arriva il ginseng, discutiamo tutte le volte della sedia troppo lontana dal tavolo, ti avvicini e lo sorseggi pian piano, dispiaciuta anche questa volta di non aver incontrato nessuna delle tue vecchie conoscenze. Ogni anno all’appello qualcuna non risponde, perchè la sorte che ti capita non sai mai qual’è e quelle che restano aggiornano le altre in un chiacchiericcio sempre più sommesso. Facciamo un giro al mercato. I banchi stanno smontando, oggi è tornato l’inverno, e l’aria gelida non attrae più nessuno ormai. Così completiamo il nostro giro al supermercato lì vicino. Scegli con cura i cibi che mangerai. Ad alcuni sapori non rinunci anche se sono gli stessi da anni e sapere di essere ancora in grado di cucinare ti rende un pò più baldanzosa. Riprendi forza e scherzi con il macellaio che con garbo e gentilezza ti consiglia cosa comprare. Poi ritorni piccola piccola in mezzo agli scaffali e ti avvicini facendo la spola tra la merce e il carrello. La pasta piccolina per il brodo della sera, le merendine che ti piacciono tanto a colazione, sempre quelle da una vita, una buona bottiglia di dolcetto perchè un goccio di vino fa sempre bene e l’olio tassativamente d’oliva, perchè quello extravergine ti brucia alla gola. Così si invertono le parti, come quando a lamentarci del bruciore in gola eravamo io e mia sorella perchè l’olio della Calabria era troppo forte per noi. Cerchi il mio braccio quando le persone diventano folla e lo spazio si riduce e mentre ti appoggi a me è come se mi dicessi, non mi lasciare altrimenti mi perdo. Perchè è così che mi appari ogni giorno di più, un pò smarrita. E non fatico a comprenderlo, perchè a volte mi sento un pò persa anch’io in questo mondo che sta cambiando troppo in fretta. Risaliamo in macchina, ti accompagno al portone e saliamo nell’ascensore e ogni volta, immancabilmente, ti stupisci come sia potuto accadere di aver comprato tutte quelle cose. Il giro di chiave è il preludio al saluto, e mentre scendo le scale ti immagino a piccoli passi sistemare la pasta, lo zucchero, l’insalata e i pomodori. Fino a che stanca ti siederai sulla tua poltrona e accenderai la tv.
Grazie per queste semplici parole di un quotidiano noto a chi come noi ha un genitore anziano, parole che lacerano perché sai quanto il tempo possa stringerti forte e lasciarti senza respiro quando il momento dell’assenza arriverà.
Ma gli occhi velati, le dimenticanze, il passo incerto segnano la tua e la sua fragilità, così il piccolo quotidiano ci aiuta a respirare un pò meglio.
Tenera e forte.
Già fatto.
È una pagina scritta col cuore, non con la penna. Quanta dolcezza e malinconia avverto in queste righe, gli stessi sentimenti che ho provato io assistendo alla decadenza fisica ma soprattutto mentale della mia mamma . È struggente vivere questo momento ma godi fino in fondo nell’ avere accanto a te una madre sempre più fragile ma, a quanto capisco, ancora presente a se stessa, cosa che non c’è stata per me.
Grazie Luciana. Sì lei è ancora piuttosto presente, anche se inizia a confondere i luoghi e i tempi.