Amica mia

5 Luglio 2024 6 Di Rosa Iannuzzi

Ciao. In genere il titolo è la prima cosa che butto giù. Ancor prima dell’idea ho in mente il titolo. Ma non so che titolo dare alla nostra amicizia, alla nostra separazione.

Tre settimane fa ero su un treno che mi portava a te, alla tua casa, alla tua famiglia, al tuo progetto di vita. Lo stesso progetto che generosamente qualche anno fa, quando ti chiesi se avevi voglia di raccontare un pezzo della tua storia, scrivesti qui su questo blog. Ecco vorrei partire da qui, dalla tua generosità, dal tuo slancio, dalla tua energia. Un’energia che non tenevi solo per te, che non indirizzavi esclusivamente ai tuoi propositi, alle innumerevoli cose che facevi. Un’energia che efficacemente e sapientemente donavi a chi ti chiedeva consiglio, incoraggiando qualsiasi intenzione, più entusiasta a volte degli stessi proponitori. Così quello che a volte poteva apparire una sfida, un obiettivo faticoso da raggiungere, con te diventava un viaggio affascinante perchè oltre al consiglio spesso porgevi anche il braccio, le gambe, la testa, il sorriso. Con te nulla risultava impossibile da realizzare. E questo ci mancherà terribilmente.

Mi mancheranno i tuoi fiori, quelli di cui circondavi la casa, le casette, gli steccati, quelli che mi aspettavano in cucina, sul letto, quando ancora con le valigie in mano, aprendo la porta della casetta, sentivo odore di casa. Tu mi facevi sentire a casa, sempre. La nostra amicizia è cresciuta un pò alla volta, e forse per questo ha messo salde radici. Alle riunioni della scuola media di Paciano, dove eravamo entrambe rappresentanti di classe, alle feste di compleanno dei compagni di scuola dei nostri figli, alle varie iniziative. Piccoli passi che hanno permesso di conoscerci, di incontrarci, di condividere percorsi. Gli stessi percorsi che ci avevano fatto scegliere l’Umbria come il luogo dove costruire la nostra famiglia, dove far crescere i nostri figli, dove far coincidere le scelte personali con quelle politiche, dove ritrovare lungo la strada di casa i volti e riconoscerne le storie.

Avevamo scelto di essere Cristina e Rosa anche per le nostre comunità e non soltanto per i nostri cari. E questo ha nutrito la nostra amicizia, rendendola speciale. Così come speciale è sempre stata la tua famiglia, il tuo compagno Moreno, le tue figlie Greta, Chiara e Sveva e il tuo figlio Fabio. Tutte le volte che mi hai ospitata, negli anni successivi al mio ritorno a Torino, ho avuto il piacere di partecipare a piccoli momenti di condivisione quotidiana. Spettatrice privilegiata di una convivenza piena di affetto, di responsabilità, di racconti, di tenere e simpatiche scaramucce: unica e speciale.

Sei sempre stata orgogliosa della tua famiglia, protettrice ma anche esigente. Ed io ho sempre amato infinitamente questa parte di te. E pur vivendo il rammarico di non essere stata all’altezza con la mia famiglia, preferendo la solitudine ad una convivenza difficile, quando tornavo nella tua casa, sentivo che a quella tavola c’era un posto anche per me.

Mi manchi da morire e mi mancherai fino alla fine dei miei giorni.

“Tutti i giorni della nostra vita” non avrebbe visto la luce senza di te. Sei stata la prima con la quale ho condiviso il progetto di “r-esistenze”, la prima ad inviare il tuo racconto e la prima a condividerne il percorso, che hai sostenuto come sapevi fare tu. Mettendoci tutta te stessa.

Avrei voluto chiederti più spesso “come stai?” rasentando anche la possibile convinzione da parte tua,  che non mi importasse del tuo stato di salute,  ma aspettavo che lo facessi tu, che decidessi tu quando e come parlarne. O forse vigliaccamente ho avuto paura a farlo, perchè volevo credere che avresti superato qualsiasi ostacolo e difficoltà. La malattia non avrebbe avuto la meglio su di te. Non poteva averla, perchè tu eri più forte.

Una guerriera, così ti ha definito il parroco che ha officiato la liturgia funebre. Una guerriera, questo sei stata per tutti noi. Perchè hai combattuto tutte le battaglie, anche quelle che non erano tue, per quel senso di giustizia che ti apparteneva e che io riconoscevo.

Se fossi credente penserei che tu sia in qualche posto lassù a guardare le nostre vite scorrere, nell’attesa di incontrarti di nuovo.

Quello che so è che continuerai a vivere dentro ciascuno di noi, e che ciascuno di noi porterà con sè il tuo sguardo limpido, la tua voce impetuosa, il tuo sorriso dolce.

Ti saluto con una delle immagini che mi mandasti tu, quando dovemmo decidere quale foto mettere nel tuo racconto ospite di questo blog.

Ti voglio bene.