LEGGERE A VOCE ALTA
La lettura è stato il mio primo amore. E il primo amore non si scorda mai. Mi ritrovavo d’estate all’ultimo piano della casa dei nonni paterni a leggere ad alta voce dai libri che trovavo sparsi, e un po’ spersi nelle varie stanze della casa. Non perché non c’entrassero nulla con lo spirito della famiglia, anzi. Ma perché spesso la cultura ha mille modi per sorprenderti. Cechov, Andersen, Shakespeare. Ogni volta una coloritura diversa, ogni volta la voce che superava l’imbarazzo, lontana dai volti familiari. E così quella passione mi seguì nel tempo, durante gli anni delle scuole superiori, durante gli anni dell’università. Qualche volta si confuse con il desiderio di salire sul palcoscenico, ma negli anni riemerse di nuovo, libera, unica protagonista la voce. Una voce che ho perso e poi ritrovato, alla quale ho affidato il mio desiderio, la mia passione, pennellando toni ed emozioni sulle pagine altrui, sulle pagine mie. E arrivò il giorno in cui il sogno nel cassetto divenne realtà: costruire uno spettacolo di sole letture.
In seguito vennero le letture con l’associazione Asservizio, soprattutto in collaborazione con altre realtà associative e culturali di Chiusi. Contemporaneamente entrai a far parte del gruppo Nati Per Leggere Toscana – che si formò proprio allora – il quale si fece promotore di diverse occasioni di lettura organizzate nella biblioteca comunale o all’interno di eventi culturali. E ancora letture nei flash mob, in video, con il circolo dei Lettori di Torino, in occasione del Premio Campiello del 2020.
RECITARE
Eccoci arrivati alla passione della mia gioventù. Ho deciso di raccontarla un po’ qui e un po’ nella sezione Fare, perché in realtà ho vissuto tutti e due gli aspetti. Il periodo in cui credevo che avrei fatto l’attrice, e forse avrei potuto anche diventarlo se avessi avuto più costanza seguendo il famoso “potrebbe fare di più” che mi perseguita dall’adolescenza. Perché in realtà per tanti anni volevo dire, avevo bisogno di sovrappormi alla voce del protagonista ed essere molte ed infinite voci, corpi, volti. Poi tutto venne travolto dalle scelte della vita. E dopo diversi anni ho sentito il bisogno di tornare a casa, perché mi sono sempre sentita a casa in teatro, restando però fuori dalla scena, dietro le quinte.
Il colpo di fulmine, avvenuto sui banchi di scuola grazie alla passione trasmessa dalla nostra insegnante di italiano e proseguito nei teatri torinesi dove con poche lire potevi assistere ai migliori spettacoli in circolazione, divenne un amore a tutto tondo. Così nell’autunno del 1980 decisi di iscrivermi alla scuola di recitazione della Compagnia Teatrale Zeta, diretta da Pier Giorgio Gili, presso il centro culturale Sala degli Intradossi di Via San Massimo. Scendere le scale che portavano alle aule dove imparavamo dizione e storia del teatro, e allo spazio dove facevamo espressione corporea, tai chi e improvvisazione teatrale, voleva dire entrare in un’altra dimensione, quella intima, che tenevamo nascosta persino a noi stessi.
E ancora il centro di formazione teatrale Alberto Blandi, la scuola di recitazione di Enza Giovine presso il Teatro Nuovo, fino all’ultima scuola frequentata a Torino con la compagnia teatrale Artisti Associati di Paolo Trenta, nel 1988 in contemporanea con diversi stage di improvvisazione con i Dizziac’s Theatre e la compagnia Gran Badò.
E ritrovarsi ancora, dopo tanti anni, sul palcoscenico, perché te lo chiede un’amica, perché ti piace il progetto (uno spettacolo di sole donne), perché ti incuriosisce il regista, o forse perché vuoi metterti di nuovo alla prova.
SCRIVERE
Dire con parole mie, raccontare il non detto, dare voce alle ingiustizie, al tormento, alla voglia di esserci sempre e comunque. Fare la differenza nel vuoto della pagina bianca e imbrattare la politica di parole che avessero un senso. Così nacquero gli interventi politici, letti con passione e tormento durante i congressi della Cgil del 1991 e del 2002, durante il congresso di Rifondazione del 2002, quest’ultimo con ricadute pesanti, che hanno sentenziato il mio allontanamento definitivo dall’unica esperienza maturata e vissuta dentro un partito politico. Esperienza che mi ha fatto comprendere il senso del limite e della fatica di un agire frustrato e frustrante, e che ritrovò ossigeno e senso di essere dentro il volontariato sociale e culturale, ripreso subito dopo.
Quello stesso dire che per diversi anni ha trovato spazio sulle pagine del quindicinale d’informazione locale Prima Pagina – zona Trasimeno, Alto Orvietano e Valdichiana, e sul periodico di informazione Chiusi Blog con la pubblicazione di alcuni articoli di cultura e politica locale.
Fino ad arrivare a quel dire che trovava la forza di uscire allo scoperto, per diventare altro: poesia, diario, lettera, racconto, narrazione.
Così oltre ai numerosi diari che hanno accompagnato la mia adolescenza e la mia gioventù, alle lettere inviate a carissimi amici e amiche, ai carteggi d’amore e alle poesie giovanili, presero forma le prime storie – Una storia a metà del 1992 e Per non dimenticare del 1997 – mai pubblicate. Contemporaneamente iniziò il percorso di analisi nel gruppo femminile condotto dalla psicologa della Asl di Siena Gianna Fiore, che diede vita ad un progetto di scrittura collettiva che purtroppo non vide la conclusione.
1997: finalista concorso letterario promosso dal comitato 8 marzo di Perugia, con la raccolta “Attese”
2008: pubblicazione con la casa editrice Midgard di Perugia, del racconto autobiografico “Naufraghi”
2011: vincitrice del premio Midgard di Poesia con la raccolta di poesie “Altrove”
2012: Appunti di Contrada: piccoli affreschi ispirati dalla Festa dei Ruzzi della Conca di Chiusi
2013: finalista premio 8 marzo, Casa Editrice Marco del Bucchia, con il racconto “finchè morte non vi separi”
2013: “Lontano dagli occhi”, testo scelto, insieme ad altri, al fine di costruire lo spettacolo Effetti Collaterali
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